L’ALCHIMIA
CENNI STORICI E RISCONTRI MODERNI
Professor Amilcare Manna
In antico, l’Alchimia fu l’arte di trasmutare i metalli comuni in oro. Le sue origini sono antichissime se ne conoscono tracce fino nell‘età del ferro ed in particolare nell’antica cultura cinese.
Nella tradizione mediterranea, essa riconosce la sua origine nell’antico Egitto ad opera di Ermete Trismegisto (nome che significa Re tre volte grande), figura probabilmente immaginaria spesso identificata con una divinità che possiede la conoscenza di tutte le arti e le scienze.
Attraverso questa tecnica, gli Egizi studiarono la composizione dell’humus che rende fertili le terre intorno al Nilo, che essi attribuirono con grande intuito alla macerazione delle sostanze vegetali che circondavano il fiume e che trasformandosi, davano origine a numerosi composti chimici (concetto che prelude alla moderna teoria della redistribuzione dell’energia).
Quest’arte passò poi ai Greci e poi agli Arabi che le conferirono una connotazione magica, travisandone le finalità e le potenzialità concrete.
Le pratiche legate all’alchimia diedero origine nel Medioevo alla ricerca di vari elisir di lunga vita, e di perenne giovinezza.
All’inizio del Rinascimento, però, queste stesse esperienze alchimistiche furono utilizzate nella preparazione di estratti concentrati di erbe medicinali e diedero origine alla” iatrochimica”, una forma empirica ante litteram di quella che sarebbe poi diventata la chimica biologica e farmaceutica.
Tra i più noti studiosi della nascente scienza è da ricordare Paracelso, noto scienziato e padre della medicina moderna. Alla luce di queste considerazioni è importante analizzare alcuni elementi della saggezza alchemica che hanno condotto questo particolare atteggiamento mentale a sopravvivere, in tutte le epoche nell’immaginario collettivo umano, attraversando civiltà così profondamente diverse dell’Oriente e dell’Occidente.
Primo fra tutti la fiducia della creatività dell’uomo nel forzare i segreti della natura al fine di ridurne i sistemi temporali per il raggiungimento della perfezione a-temporale.
In secondo luogo, l’idea di perfezionare la conoscenza della natura umana per migliorare le due componenti dell’Ego: l’intuito e la ragione.
Il primo basato sul simbolismo, la seconda sulla concretezza. Ed è proprio per la prevalenza dell’intuito nella ricerca alchemica che in essa sono presenti molte donne, tra cui Cleopatra e Maria l’Ebrea, che condusse studi sulla regolazione della temperatura dell’acqua e alla quale si deve il metodo che ancora oggi va sotto il nome di “a bagnomaria”.
Durante il periodo in cui si sviluppò il pensiero scientifico, soprattutto nella Magna Grecia, l’Alchimia perse quell’alone esoterico che la circondava ed entrò in una dimensione speculativa che le permise di intraprendere un cammino parallelo a quello filosofico che, in questi secoli, andava sempre piò sviluppandosi in tutta la Grecia.
Al mondo arabo si deve l’ingresso dell’alchimia in ambito parascientifico con l’invenzione degli alambicchi che permisero la distillazione delle erbe medicinali, riuscendo così ad integrare la scienza classica di origine greca con quella orientale.
A Baghdad essa, libera da condanne pregiudizi religiosi, come avveniva invece nel mondo cristiano, iniziò a svilupparsi come scienza e tecnica, separando la propria cultura dalla magia.
Bisogna però arrivare al Rinascimento fiorentino e soprattutto ad opera di Cosimo de’ Medici, perché l’Alchimia venga considerata una cultura globale adatta quindi a salvaguardare il mondo, perfezionandone la natura.
In questo periodo, inizia una riflessione pragmatica sul concetto di trasformazione delle sostanze e quindi l’Alchimia entra a pieno titolo nel campo della ricerca scientifica e parascientifica.
Si può pertanto affermare che la chimica moderna riconosce nell’alchimia la sua progenitrice. La differenziazione sostanziale si verificò quando entrò in uso la bilancia che pose un netto confine tra la chimica che utilizzava un metodo esclusivamente quantitativo e l’Alchimia che si basava su un sistema assolutamente qualitativo.
Si deve al chimico francese Lavoisier la creazione di questo confine netto, affermando la necessità che fosse indispensabile per la ricerca scientifica stabilire esattamente le quantità precise di ogni elemento presente in una stanza.
Questo decretò la fine di quel concetto alchimistico che cercava di trasformare, perfezionandolo, ogni componente della natura. Ne determinò la fine come concetto scientifico ma non ne annullò il fascino che continua tuttora ad illuminare tutto ciò che di bello è stato creato in suo nome.