SIMBOLI FARMACEUTICI
Curiosità
A cura della Dott.ssa Maria Teresa Carani
Nelle farmacie storiche esiste un patrimonio di valore estetico e culturale, spesso trascurato, in grado di suscitare l’attenzione del pubblico e di evocare suggestioni di storia della medicina antica. Tale patrimonio consiste soprattutto negli arredi, nei vasi e nei mortai.
Alla medicina sono associati due simboli: il Bastone di Esculapio e il Caduceo, usati ambedue in ambito medico, ma che spesso vengono confusi tra loro. Conosciamo il loro significato?
Il serpente che si attorciglia su un bastone (il Bastone di Esculapio, il dio latino della salute), compare sulla croce delle farmacie, ed è un antico simbolo greco che associa la verga, rappresentazione dell’azione dell’uomo nel somministrare le cure ai malati, al serpente, che rappresenta la metafora di rinascita e fertilità, mediante la muta della pelle.
Il Caduceo, in cui due serpenti sono attorcigliati attorno ad un bastone – spesso alato – è simbolo di pace e prosperità, associato al dio greco Hermes (Mercurio per i Romani), ed è la rappresentazione fisica del bene e del male, due forze che sono tenute in equilibrio dalla bacchetta del dio Hermes.
Possiamo osservare il simbolo del caduceo in questo bancone della metà dell’800 (arredamento della Farmacia Verbano):
“Il Calice floreale con due serpenti attorcigliati su un ramo d’alloro, è il simbolo del farmacista in quanto può essere interpretato con i due serpenti che rappresentano, uno la dose terapeutica, curativa e vitale, e l’altro la dose tossica, il veleno. Il farmacista, conoscitore dell’una e dell’altra, si frappone tra il farmaco ed il veleno in quanto consapevole del giusto dosaggio. Paracelso insegna: tutto è veleno, nulla esiste di non velenoso. Solo la dose fa in modo che il veleno non faccia effetto. Del resto i greci con il termine “pharmakon” indicavano sia la medicina sia il veleno”. (1)
Ippocrate dalla Grecia del V secolo a.C., Galeno dal II secolo dell’ Impero Romano sono i personaggi che hanno ispirato e dominato incontrastati la disciplina medica, almeno fino alla metà del secolo XVII.
Per Ippocrate (Cos 460-370 a.C.), l’arte medica liberava i malati dalla sofferenza e conteneva la violenza delle malattie, ma senza curare chi ne era sopraffatto perché: “… come sappiamo bene, questo la medicina non può farlo…”. Il suo compito era quello di ricostituire l’equilibrio degli umori interni infranto dalla malattia, di ristabilire quindi un’armonia. Questa dottrina fu poi ampiamente modificata e sviluppata da Galeno (Pergamo 138 – Roma 201 ca. d.C).
Per Galeno la vera tradizione medica era rappresentata da Ippocrate, e soprattutto dalla sua “teoria umorale”, secondo la quale l’uomo era costituito dai quattro umori: sangue, flegma, bile gialla e bile nera, e la prevalenza di uno di questi umori determinava il temperamento della persona, cioè il suo carattere e le sue inclinazioni.
Il variare dei rapporti proporzionali fra i 4 umori dava luogo quindi a 4 temperamenti: flegmatico, sanguigno, collerico e malinconico.
Nel flegmatico – in cui domina il flegma, liquido freddo e umido, corrispondente al muco – la persona era caratterizzata dall’indole flemmatica, cioè dalla lentezza, dalla goffaggine e dalla pacatezza;
nel sanguigno – preponderante il sangue, umore caldo e umido – si sarebbe manifestato un temperamento sanguigno, impulsivo e frivolo;
nel collerico, la superiorità della bile gialla – umore caldo e secco – avrebbe determinato un individuo magro, gracile e caratterialmente collerico;
nel malinconico, la bile nera, fredda e secca, portava dentro di sé caratteristiche come introversione, riflessività ed estraniamento.
La parola melanconia che, deriva dal greco μελαγχολία melancholìa, termine composto da μέλας melas (nero) e χολή cholé (bile), significa dunque bile nera, uno dei quattro umori fondamentali presenti nell’uomo in base alla teoria ippocratica. Questo antico termine indicava quindi un profondo malessere interiore dell’individuo, uno stato di afflizione e contemplazione, ma anche un atteggiamento, per così dire, stravagante e al di fuori degli usi e delle consuetudini.
L’uomo europeo nasce come homo melanconicus, e gran parte della nostra letteratura è stata scritta proprio da uomini colpiti da questa condizione sofferente: Leopardi e Pascoli.
Nel bassorilievo ligneo del bancone della Farmacia Verbano possiamo osservare la rappresentazione artistica simbolica di questa teoria.
(1) Approfondimento: Sig.ra Santuzza Cammarata De Cristofaro appassionata di simbologia –
“Galeno viene raffigurato come homo melanconicus. Dalla sua bocca fuoriesce un liquido che sembra richiamare appunto il mito dell’uomo melanconico scontento di sé, incapace di coniugare il dualismo (spirito e corpo) in unità. Galeno, infatti, accoglie da Ippocrate la teoria umorale, secondo cui l’uomo è costituito dai quattro umori, sangue, flegma, bile gialla e bile nera che danno luogo ai quattro temperamenti: sanguigno, flemmatico, collerico e malinconico”.